Il Nero Casertano - Eccellenze delle Aziende Agricole Ciociarie

Vai ai contenuti

Menu principale:

Il Nero Casertano

NERO CASERTANO
DESCRIZIONE
1. CARATTERI TIPICI
TIPO: gentile, taglia piccola con scheletro leggero ma solido.
MANTELLO E PIGMENTAZIONE: cute pigmentata (nero o grigio-ardesia). Setole rade e sottili, talvolta raggruppate a for­mare ciuffetti specialmente sul collo, sulla testa e all'estremità della coda
TESTA: di medio sviluppo e forma tronco-conica, profilo fronto-nasale rettilineo o leggermente concavo, grugno lungo e sottile; orecchie di media grandezza ravvicinate tra loro e pendenti in avanti. Presenza di tèttole (i sciuccagli). La pelle può formare sul sincipite un notevole rilievo in senso trasversale e sulla fronte pieghe in mezzo, sopra e lateralmente agli occhi. COLLO: allungato e stretto lateralmente.
TRONCO: moderatamente lungo e stretto, regione toracica piatta. Linea dorso-lombare leggermente convessa, groppa molto inclinata e stretta, coda attorcigliata
ARTI: di media lunghezza, asciutti e piuttosto sottili, garretti e pastorali talvolta dritti.
CARTATTERI SESSUAUALI: nel maschio testicoli ben pronunciati; capezzoli in numero non inferiore a 10. Nella femmina mammelle in numero non inferiore a 10 regolarmente distanziate, con capezzoli normali ben pronunciati e pervii.
2. CARATTERI MORFOLOGICI CHE COMPORTANO L'ESCLUSIONE DAL REGISTRO ANAGRAFICO
Presenza di zone con cute e/o setole depigmentate; Orecchie portate dritte;
Mantello striato od agouti;
Setole diffuse su tutto il corpo e/o ispide e grossolane.
3. DENOMINAZIONI ALTERNATIVE O LOCALI
Pelatella - Napoletana - Teanese
Standardi disuino di razza  Nero Casertano
Il suino "Nero casertano" o semplicemente "suino Casertano" come lo si può immaginare dal nome ha origini campane diffuso principalmente nella provincia di Caserta che tempo addietro era chiamata Terra di Lavoro e comprendeva anche buona parte del territorio Ciociaro.
Terra di Lavoro
La presenza in Campania di suini glabri con testa corta e larga e fac­cia camusa, simili ai suini asiatici, è documentata già in epoca ro­mana. Dai ripetuti meticciarnenti di questi suini con quelli di origine centroeuropea, con testa stretta ed ossa nasali lunghe e dritte, ebbe origine la razza Casertana. Già sul finire del settecento la Casertana era allevata in uno dei territori più popolati del regno borbonico, dove era apprezzata per la sua grande capacità di produrre grasso. I caratteri morfologici della Casertana erano allora già definiti e tipici. Questa razza era l'unica dì tipo gentile tra le popolazioni presenti e per questo era tenuta in gran conto ed allevata in modo confinato nelle aree più intensamente coltivate e popolate.
antico allevatore di nero Casertano
La “Terra di Lavoro”  è una regione chiave per l’allevamento dei suini. Nell'ottocento la Casertana era presente nella provincia di Caserta (Terra di Lavoro), suo areale di origine. Diffuso era l'allevamento di piccoli gruppi di suini da parte di fittavoli, mezzadri e massaie che custodi­vano alcune scrofe e ricorrevano, per gli accoppiamenti, a verri di comodo. nel 1918 dei 570.000 capi censiti nell’Italia Meridionale, ben 70.000 erano presenti nella provincia di Caserta buona parte di razza Nero Casertana e suino Napoletano che erano molto simili tra di loro.
Suino di Razza Napoletana
La storia sociale del maiale nero casertano diviene nel Novecento oggetto di numerosi Libri Genealogici che ne affermano la supremazia sulle altre razze italiane.
Viene tracciata un’accurata descrizione del suino e delle pratiche di allevamento, che condizionavano il prezzo della carne trasformata: dei maiali veniva ingrassato nei porcili a granone mentre i restanti erano ingrassati “nella selva” a ghiande. 
Nero Casertano si nutre con ghiande
Bordiga in una sua relazione del 1909 evidenzia il volume dell’allevamento nel Casertano: in media di ben 16 suini per chilometro quadrato sul territorio, dato strettamente correlato al bilancio della famiglia dei contadini di cui sono parte integrante i costi per l’ingrassamento e la macellazione del maiale e l’utile ottenuto dopo l’uccisione in termini di carne e prodotti derivati. 
Ampio spazio è dedicato alla “fetura” e all’ingrasso mentre la fase di gestazione media delle scrofe della razza viene indicata in 114 giorni. Dopo il parto la scrofa veniva collocata in un recinto a sé stante per evitare l’uccisione dei piccoli, per i quali venivano predisposti trogoli ad hoc per un nutrimento a base di latte. Da ricordare la figura del castratore di porcelle, che si occupava di togliere le ovaie alle scrofe non destinate alla riproduzione, per favorirne l’ingrasso. La “fetura” era una pratica molto diffusa mentre l’ingrasso, che aveva inizio a novembre, non era un’attività molto redditizia: il guadagno medio ricavabile era intorno al 17%.
L’uccisione del maiale, momento topico per tutta la comunità, avveniva tra i 12 e i 24 mesi di età.
Contatti Di Palma Fabio Tel 347 4599300
 
Torna ai contenuti | Torna al menu